- Lo giuro.
- Ed è?
- Agostino Paoletti.
- Il macellaro?
- Lui per l’appunto.
- Un anziano.
- Ti duole? - domandò scherzando Margherita a Peppe baciandolo un’altra volta sulla bocca, con uno di quei baci, che danno le vertigini anco all’uomo di più freddo temperamento.
- Sia come vuoi.
- Grazie.
- Dunque lo desideravi?
- Per te.
- Io dovrò ignorar tutto?
- Al contrario; vuole il tuo pieno consenso, la tua formale adesione.
- Ma è un mercato adunque che vuol stringere?
- No: vuol essere sicuro del fatto suo: ha paura.
- Lo credo. Se vi avessi sorpresi sarebbe stata la morte per tutti.
Seguì al colloquio una notte, che fu per Margherita e Beppe, un’orgia d’amore.
XXVII.
La scoperta del macellaio.
Agostino Paoletti era un uomo sulla cinquantina dalla larghe spalle, dall’ampio torace, dalla testa grossa, munito d’un naso formidabile e d’una larga bocca, le cui grosse labbra davano chiaro indizio di una sensualità molto pronunciata. Giovialone, amico del buon bicchiere e della pappatoria, come della femmina e delle sue dolcezze, s’installò con Giuseppe Brunelli e la Margherita, senza che la gente di Gubbio se ne formalizzasse troppo. Non aveva famiglia ed era quindi naturale che giunto sul declivio dell’età, ne cercasse un’altra nella quale potesse adagiarsi e trovar quelle cure e quelle attenzioni che sono indispensabili agli uomini anziani, vissuti sempre nel celibato.
Aveva nella casa del Brunelli una bella camera, ben arredata, e con un ampio letto, che gli permetteva di fare tutti i suoi comodi, senza violare quello del suo ospite.
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