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      - Beviamo sempre alla vostra salute!
      - Grazie! E alla vostra.
      - Grazie! a mia volta. Ma se, non abbiamo altre persone alle quali brindare, sarà bene che ci spicciamo. Margherita starà inquieta, forse.
      - Hai fatto bene a dir «forse.»
      - Non credete, compare, che possa esserlo?
      Ormai la botta era partita, non c’era più da indietreggiare. Agostino Paoletti lo comprese e rispose:
      - Credo che possa avere chi la conforti, quando è sola.
      Beppe scattò in piedi, posò i pugni sulla tavola e calmo pur nell’ira che gli bolliva in petto, disse lentamente:
      - Compare voi dite una cosa ben grave. Fose v’è sfuggita, senza rifletterci?
      - Non ho l’abitudine di avventurar parole senza fondamento.
      Una nube di sangue passò innanzi agli occhi del Brunelli. Due opposti sentimenti lottavano in lui. Per un lato, sentiva rinascere i furori gelosi dei primi giorni del suo amore con Margherita. Per l’altro, temeva che la sua condotta alienasse il Paoletti dal loro consorzio. Si era abituato a quella felicità grassa, ed a quella beatitudine materiale, e gli pareva di non potersene staccare, se non lasciandovi un brano della sua carne.
      - Voi credete dunque fermamente che ci inganni? - domandò con voce cupa ad Agostino.
      Era la prima volta che alludeva a quella promiscuità nei godimenti della donna che avevano stabilito. Ma il Paoletti non morse all’amo e replicò non senza sottolineare il pronome:
      - Ho la certezza materiale, purtroppo, che Margherita ti tradisce.
      Quel pronome così sottosegnato dalla voce del compare era una pugnalata per il cuore di Beppe.


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Mastro Titta il boia di Roma
Memorie di un carnefice scritte da lui stesso
di Anonimo
pagine 421

   





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