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      - Lasciai il tempo - riprese a dire il macellaro - a Margherita di risalire e di ricoricarsi, poi andai a letto anch’io. All’indomani mattina la rividi, ma né lei parlò a me della notte, né io ne feci cenno a lei. Per due o tre notti vigilai attentamente; ma l’amante non venne più.
      - Si saran dato convegno fuori.
      - È appunto quello che pensai. Mi posi sull’avviso e mi accorsi tosto che Margherita usciva di buonissim’ora e restava fuori per mezza giornata. L’altra mattina mi appostati e quando la vidi uscire la seguii non veduto alla lontana. Alla porta s’incontrò con l’amante, li seguii ancora e vennero qui.
      - Qui? - chiese esterefatto per la sorpresa Beppe.
      - Qui. Li lasciai entrare, quindi entrai io pure. Presi lingua dall’oste, che è un mio conoscente e seppi che i due colombi vengono qui ogni mattina a tubare per due o tre ore. Domandai all’amico che mi desse una camera vicina, d’onde potessi vedere senza esser veduto, e udire all’occorrenza, ed ebbi questa. Guarda un po’ da quella porta.
      Il sensale s’alzò e andò a guardare fra le commessure dell’uscio dirimpetto alla tavola sulla quale sedevano. Si vedeva il letto ancora disfatto.
      - Dunque son venuti anco stamani? - gridò, sorpreso ancora da uno de’ suoi accessi di gelosia.
      - E verranno ancora domani, rispose il compare, marcando le parole con intenzione.
      - Risparmieremo all’oste l’incomodo di rifare il letto.
      Paoletti rise sinceramente di questo frizzo di mediocre gusto, quindi disse:
      - Bisognerà che fingiamo di assentarci.
      - No: sarebbe un errore.


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Mastro Titta il boia di Roma
Memorie di un carnefice scritte da lui stesso
di Anonimo
pagine 421

   





Margherita Margherita Beppe