Non istare in pensieri. Se ci saranno novità te ne farò avvertito.
Così i due complici si lasciarono.
Rientrando in casa la sera il Paoletti, trovò Margherita seduta su di una scranna, silenziosa, immobile. Le si accostò e parve ch’ella non lo riconoscesse. La scosse con una mano e non mostrò avvertirlo.
Tutti gli sforzi fatti per richiamarla in sentore furono frustrati. Il macellaro pensò bene di andarsene a letto, sperando che durante la notte, o si sarebbe scossa da sé, o un’idea sarebbe venuta a lui. Ma all’indomani mattina, la trovò tuttora immobile, silenziosa e cogli occhi sbarrati sempre allo stesso posto.
Convenne chiamare un medico il quale la dichiarò alienata di mente e la fece trasportare all’Ospedale, non potendosi lasciarla abbandonata a se stessa.
Due giorni dopo venne trovato nel pozzo della calce il cadavere dell’assassinato: ad onta delle bruciature sofferte si riconobbero sul suo corpo le ferite infertegli dai coltelli di Paoletti e di Brunelli e tosto la voce pubblica accusò costui del delitto.
Il fiscale ne ordinò la ricerca e l’arresto che venne prontamente eseguito. Tradotto in Gubbio dai sbirri fu tosto posto a confronto della ganza; la quale alla sua vista fu assalita da una crisi nervosa, susseguita da un deliquio quasi mortale.
La prova era assai grave, ma non definitiva e il Brunelli negava ostinatamente, dicendo di non saperne nulla. Continuarono le indagini. Si trovò l’oste, dal quale Margherita si recava coll’amante, e questi abilmente interrogato finì per confessare che il macellaio era stato da lui e aveva voluto una camera vicino a quella in cui si trovavano i due amanti, che vi era pur tornato col sensale e che nella medesima camera avevano pranzato insieme.
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