Un giorno che passeggiavano insieme a Villa Borghese, all’ora del Corso, l’amico strinse fortemente il braccio di Francesco e accennando un elegante giovanotto che guidava una superba pariglia disse:
- Eccolo, eccolo.
- Chi?
- L’amante di tua sorella..
- Quello.
- Sì.
Francesco non ascoltò altro: si lanciò dietro il legno e lo rincorse finché lo vide entrare nel palazzo di via Florida. Allora s’informò chi era e lo seppe.
All’indomani si presentò al palazzo chiedendo di don Enrico. Questi, di nulla sospettando, lo ricevette in presenza di sua madre. Francesco non seppe contenersi, e non appena si trovò in faccia a lui proruppe:
- Che ne hai fatto di mia sorella, assassino, seduttore vigliacco?
Enrico fece del suo meglio per contenersi senza irritarlo viemaggiormente. Ma fu fatica sprecata. Francesco lo investì con una sequela di vituperi e gli andò coi pugni sotto il naso.
La madre intervenne e lo fece mettere alla porta dai servitori. Questi eccedettero e ai suoi tentativi di ribellione, risposero a suon di bastonate. Francesco dovette tornarsene a casa assai malconcio.
Allora mutò tattica e si diede a spiare le abitudini del giovane col proposito di ucciderlo. Ma Enrico si era recato alla villetta d’Albano per assicurarsi che nessun pericolo minacciasse la sua Virginia, ch’egli amava più che mai, e stette assente parecchi giorni.
- È fuggito, il codardo! - bestemmiava Francesco.
Dopo pochi giorni Enrico tornò. Tornò raggiante di felicità perché aveva avute le più tenere prove d’amore dalla sua diletta Virginia, e s’era accertato che suo fratello non aveva scoperto il ricovero.
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