- Poi c’è del salame, del formaggio pecorino, ci sono delle uova.
- Tutto questo ci servirà d’antipasto non è vero zio? - disse il giovane.
- Sia come vuoi. Già ti mangeresti l’obelisco di San Giovanni. Dopo i polli, padron Carlo, ci potreste servire un paio di starne arrosto.
- Non ne ho, signori e mi duole. Saranno quindici giorni che non vedo un cacciatore.
- Ne hai due innanzi a te.
- È vero e il carniere mi pare ben fornito.
Il giovane tirò fuori due superbe starne e il vecchio due beccaccie.
- Magnifiche, esclamò il Castri dopo averle palleggiate una per una in mano. Ma, se vogliono un mio umile consiglio, si attengano alle starne. Le beccaccie per essere buone, bisogna siano frolle e queste mi sembrano fresche.
- Prese da mezz’ora. Sono stati gli ultimi colpi. Carlo ha ragione sono preferibili le starne.
E ne trasse altre due dal carniere riponendovi le beccaccie.
Benché solo, l’oste in pochi momenti ebbe imbandita la tavola con crema al latte, salame, pane fresco, e un boccione di vino color del topazio. I due cacciatori se ne versarono due bicchieri e dopo averli tracannati, fecero scoppiettare la lingua, esclamando all’unisono
- Buono, eccellente.
L’oste che veniva in quello coi due polli tratti dalla stia e sgozzati:
- Vino delle vigne di Montemario. Più se ne beve e più vien sete.
Pochi minuti dopo, mentre l’antipasto svaniva, s’udiva in cucina il crepitare della fiammata, e insieme il leggero strepito del girarrosto.
Padron Carlo recava la zuppiera fumante dei capellini in brodo.
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