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      Il processo fu subito istruito e prestamente sbrigato, perché il reo era confesso e diede tutti i particolari dei quali i giudici vollero essere informati.
      Ascoltò la sentenza che lo condannava alla mazzolatura ed allo squartamento senza batter palpebra. Esortato a confessarsi, disse di non aver nulla sulla coscienza a rimproverarsi; che il suo delitto era un castigo ispiratogli da Dio e respinse qualsiasi conforto.
      Mosse al patibolo con fermezza e subì il supplizio, al quale s’era da lungo preparato, colla massima indifferenza e lasciando un’impressione indelebile nella folla accorsa ad assistervi.
      XLII.
      La bella contessa - Tentazione.
      L’anno 1817 lo inaugurai, il venti gennaio, decapitando per la prima volta in provincia colla ghigliottina, a Macerata, l’uxoricida Saverio Gattofoni. Da Pusolo, da Recanati, da Civitanova e da tutti i paesi circonvicini, era accorsa una folla immensa, per assistere al nuovo spettacolo, intorno al quale si erano diffuse le più strane dicerie. Si credeva che la ghigliottina agisse automaticamente per un interno congegno meccanico e non fu scarsa la sorpresa, quando mi videro giungere col condannato, salire con lui sul palco, legargli le mani dietro al dorso, spingerlo innanzi sulla piattaforma e premere il bottone per far cadere la mannaia. Quasi quasi pareva loro d’essere stati defraudati.
      Saverio Gattofoni era un bel giovane di ventott’anni, cocchiere al servizio di una leggiadra e capricciosa signora, vedova da poco tempo d’un vecchio che l’aveva sposata per la sua straordinaria avvenenza, benché di umilissima condizione, appartenente cioè ad una famiglia del popolo minuto.


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Mastro Titta il boia di Roma
Memorie di un carnefice scritte da lui stesso
di Anonimo
pagine 421

   





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