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      Non dormivate a casa vostra quella notte?
      - Non vi dormivo da parecchi mesi.
      - Perché?
      - La contessa aveva voluto così.
      - La contessa era la vostra padrona?
      - La mia amante.
      - Badate. Se cercate di coinvolgere nel delitto delle persone di alto bordo, per sgravarvi in parte della responsabilità, errate.
      - Non dico che la verità.
      - Voi dunque affermate d’aver avuto dei rapporti d’intimità colla vostra signora?
      - Dormivo con lei ogni notte.
      - Sono cose irragionevoli. Come mai avendo una moglie leggiadra e buona, vi siete lasciato condurre a disprezzarne l’affetto?
      - Fu la contessa che mi trasse al precipizio. Mi si offerse e l’ebbi. Poi non volle più che io frequentassi mia moglie. Poi mi consigliò di sbarazzarmi di lei.
      - In ogni caso vi avrà consigliato di allontanarla dal paese.
      - Non mi ha detto di ammazzarla, ma mi fece comprendere che se la togliessi di mezzo mi avrebbe sposato.
      - L’avrete frainteso. Come mai una signora poteva discendere fino a sposare un domestico?
      - Non era di nascita nobile. Aveva sposato un conte, ma era rimasta qual’era.
      - Dunque voi asserite che è stata la vostra signora che vi ha armato la mano.
      - Armato la mano, no.
      - Chi vi ha spinto al delitto.
      - Neppur questo è preciso. Dopo avermi detto che mi avrebbe sposato, non mi accennò più la cosa.
      - Forse sarà stata una celia, o un proposito vano, buttato là in un momento d’ebbrezza.
      - Sarà, come ella pensa, signor giudice. Ma il fatto sta che dopo essermisi prodigata, vedendo che io non mi decidevo, mi negò i suoi favori, mi disse che non gli piacevo più, ch’era annoiata.


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Mastro Titta il boia di Roma
Memorie di un carnefice scritte da lui stesso
di Anonimo
pagine 421