Don Asdrubale, amava la buona cucina e Agostino la faceva in modo insuperabile.
Don Asdrubale amava la buona bottiglia e Agostino sapeva scovare le migliori botti dei castelli; don Asdrubale non era insensibile alle grazie muliebri e Agostino gli portava sempre qualche nuova penitente giovane e leggiadra, qualche pecorella traviata da ricondurre sul retto sentiero.
Fra prete e cameriere avevan luogo dei dialoghi di questo genere:
- Agostino, non si è vista più quella tortorella che è venuta qui a confessarsi da me, due settimane fa.
- Non s’è più fatta viva.
- Perché mai?
- Don Asdrubale le avrà toccato il cuore e non avrà più peccati da emendare.
- Peccato. Era tanto carina.
- Se don Asdrubale permette, domani gliene presenterò un altra; una orfanella di sedici anni, graziosa come un amore, che ha bisogno di una guida spirituale, per resistere ai seduttori che le vengano intorno da mane a sera.
- Bravo Agostino! Conducila qui che le daremo dei buoni consigli.
- Gli è che si trova in miseria e don Asdrubale sa come la miseria sia una cattiva consigliera, specie per le fanciulle leggiadre.
- Vedremo d’aiutarla, per quanto ci consentono le nostre forze, poi le faremo ottenere dei sussidi.
- La ringrazio anticipatamente in suo nome. Dio le renderà merito.
XLVII.
Le distrazioni di don Asdrubale.
La fama delle larghezze di don Asdrubale accompagnate a quelle dell’influenza di Agostino Del Vescovo, si diffondevano man mano per Roma e il bravo domestico era continuamente assediato di postulanti d’ogni genere, ma sempre di genere femminile.
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