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      - Sor Agostino - gli diceva umilmente una donna sulla quarantina - sono vedova con quattro figliuoli.
      - Che volete che vi faccia. Se volete un piccolo sussidio di qualche lira posso arbitrarmi a darvela in nome di monsignore.
      - Non è questo precisamente che mi serve.
      - Che volete dunque?
      - La maggiore de’ miei figli ha quindici anni. È ingenua come l’acqua di fonte.
      - Si smalizierà col tempo.
      - Fresca come un bottoncino di rosa.
      - Vorreste offrirla...
      - Vorrei trovarle un appoggio.
      - È ciò che può far di meglio una madre vedova.
      - Don Asdrubale è tanto caritatevole.
      - Se dovesse dar retta a tutte dovrebbe essere il gran Sultano, che a quanto dicono, ha delle casse piene di diamanti e di rubini.
      - Colla vostra raccomandazione, sor Agostino... Si sa che don Asdrubale, segue tutti i vostri consigli... Ci ricorderemo anche di voi.
      - Ebbene fatemela vedere.
      - Devo condurla qui?
      - No, ditemi la vostra abitazione. Verrò a farvi una visita e se sarà come voi la descrivete, ne parlerò con monsignore.
      Il Del Vescovo soleva dare al prete questo titolo, benché non gli competesse, per accrescere importanza a se stesso.
      - Favorite dirmi quando verrete, perché possa prepararla un poco. Sapete bene, le ragazze sono timide e scioccherelle.
      - Verrò stasera, dove?
      - Via della Lungara, la porta subito passato l’angolo a destra.
      - Va bene.
      Il solerte domestico non mancava al convegno; si assicurava in tutti i modi che la fanciulla fosse degna delle grazie di don Asdrubale e riconosciutala tale ne faceva un grato presente al prete e ne divideva le propine.


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Mastro Titta il boia di Roma
Memorie di un carnefice scritte da lui stesso
di Anonimo
pagine 421

   





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