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      Ma mentre si chinava sovr’esso un terribile colpo di pugnale menatogli dall’incognita, gli trapassava il collo.
      Il povero prete cadde bocconi, immerso nel sangue, senza poter proferire una parola.
      L’incognita si piegò sopra di lui, lo rivoltò e con un secondo colpo, gli spaccò il cuore. Accertatosi che non dava più segno di vita l’omicida si diede a frugargli nei taschini del panciotto e gli tolse una chiavetta, colla quale aprì un mobile che si trovava a piedi del letto, chiamato dai francesi secrétaire. I suoi occhi fiammeggiarono nel buio, sotto il velo, trovando il sacchetto dal quale aperse la borsa, sciogliendo la funicella, e vedendoci i due mila scudi in tanti napoleoni d’oro, nuovi di zecca.
      Prese il sacchetto, frugò negli altri cassetti del mobile e ne trasse altri rotoli di monete d’oro e d’argento e ne fece un involto in una pezzuola, annodandone solidamente i capi.
      Con questo bel furto, serrò di nuovo il secrétaire e ripose nel taschino del prete ucciso, la chiave, avendo cura di non macchiarsi di sangue.
      Ritornato nel salotto, alzò il lucignolo della lampada poi si tolse il cappello e lo scialle e lo posò sulla poltrona, dove don Asdrubale aveva schiacciato l’ultimo sonnellino: allora sotto le muliebri mentite spoglie, apparve Agostino Del Vescovo, il fido cameriere del povero prete, che aveva finto di ottenergli il favore dell’orzarola, per meglio depredarlo.
      Agostino si assise tranquillamente a tavola e mangiò d’ottimo appetito le ghiottonerie preparate, avendo cura di sporcare i piatti e le posate dei due posti, per far credere che alla cena avessero partecipato in due, il prete e la supposta amante.


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Mastro Titta il boia di Roma
Memorie di un carnefice scritte da lui stesso
di Anonimo
pagine 421

   





Asdrubale Agostino Del Vescovo