Ma mentre stava per mandare ad effetto il suo proposito venne arrestato e condotto a Roma, dove l’abilità dell’inquirente lo condusse ad una completa confessione del misfatto.
Condannato alla decapitazione, non volle saperne di conforti religiosi e la subì cinicamente, gettando così quella maschera di devozione che aveva portato per tanto tempo.
LI.
L’assassinio di tre fanciulli - Viltà del delinquente.
A pochi passi da Gubbio v’era un’amena villetta, abitata da agiati possidenti, che vi conducevano vita tranquilla e beata. Il padre attendeva anche a qualche piccolo traffico e sovente si assentava per due o tre giorni da Gubbio. La famigliuola restava allora affidata alle cure della madre, la quale, casta ed esemplare signora, educava ed istruiva da sé i suoi figli, Evelina, una giovinetta di dodici in tredici anni, Paolo, un ragazzo decenne e Luigi un bambino di quattro anni.
Una mattina de’ primi di agosto la signora Faustina, mentre suo marito era fuori, dovendo recarsi a Gubbio per qualche spesuccia, lasciò la casa affidata alla vecchia domestica Margherita e all’uomo di fatica Gaetano, raccomandando poi ad Evelina di vigilare i suoi fratellini.
Verso mezzodì mentre la Margherita erasi recata nell’orto per portare il desinare a Gaetano che vi lavorava con otto contadini, si presentò al cancello della villa un povero malconcio, il quale pareva volesse la carità.
- Entrate, entrate, buon uomo - gli disse Evelina - a momenti tornerà la fantesca e vi darà qualche cosa da mangiare.
Il supposto mendicante, entrò, e traversato il cortiletto, penetrò nella sala da pranzo a terreno della villa, seguito da Evelina, che si stupiva della sua audacia.
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