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      - Si sarà cacciato in qualche stalla, o in qualche bettola, concluse, e andò a dormire.
      All’indomani mattina levatosi all’alba, andò nel bosco a lavorare. Ma dopo qualche ora sentendosi un po’ stanco ed insonnolito si stese sul ciglio di una stradicciuola e si addormentò profondamente.
      Andrea aveva gironzolato tutta la notte inviperito contro il padre, concependo mille progetti di vendetta ed abbandonandoli tosto, stante la salutar paura che gli infondeva la forza fisica e il coraggio.
      Pure trascinato dal destino, sul far del giorno entrò anche egli nel bosco e incominciò ad aggirarsi, come una belva famelica per la macchia più folta. Visto finalmente il padre lo seguì, senza osare di accostarglisi, ma sempre pieno d’odio e di livore. Fu solo quando lo vide addormentato sulla strada che gli balenò l’orribile idea di ucciderlo per vendicarsi.
      E temendo che il pentimento gli invadesse l’animo, prima di compiere il misfatto, o di lasciarsi vincere da un assalto di terrore, senza por tempo di mezzo, in un balzo gli fu accanto, afferrò l’accetta, che il vecchio s’era deposto accanto, e gli menò tale un terribile colpo al collo, che Antonio Emili ebbe la testa spiccata nettamente dal busto, quindi si diede a fuggire disperatamente, come un pazzo senza meta. Ogni tanto si volgeva indietro, perché gli pareva di udire il suono dei passi del padre che lo inseguisse. Aveva i capelli irti sul capo, gli occhi sbarrati, quasi uscenti dall’orbita, il volto bianco come quello di un morto, le labbra livide e tremanti.


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Mastro Titta il boia di Roma
Memorie di un carnefice scritte da lui stesso
di Anonimo
pagine 421

   





Antonio Emili