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      Le imprecazioni salivano al cielo. La decapitazione pareva pena troppo esigua: avrebbero voluto vederlo mazzolato e squartato.
      Nondimeno egli si conservò freddo ed imperterrito. Giunto al palco, scese dalla carretta, e circuito dai soldati, vi salì con franco passo.
      Al rumore del colpo della mannaia, fece eco un urlo del popolo.
      La vendetta umana era così soddisfatta.
      LV.
      Un domestico e un maestro di musica.
      Eccomi al fatto che condusse il 23 agosto 1823 Giovanni Binzaglia alla ghigliottina, in Perugia.
      Era costui un giovane aitante della persona, ma di volto punto simpatico. In mezzo alla faccia l’enorme naso sorgeva a foggia di promontorio e sotto esso si apriva una bocca ampia, carnosa, dalle labbra bestialmente sensuali e senz’ombra di pelo.
      I suoi naturali istinti lo portavano alle lotte amorose, nelle quali era validissimo campione e a queste tutto sacrificava. Nella casa dei Facenni, ricchi borghesi, ritirati dal commercio, presso i quali si trovava, non aveva campo di abbandonarsi a’ suoi consueti trasporti. Ma trovava egualmente di fuori gustosi compensi ed anco produttivi, perché molte donne erano attratte verso di lui da quell’insegna permanentemente esposta ch’era il suo naso.
      La signora Facenni, vecchia bigotta, non si sarebbe certo sognata di avere alle sue dipendenze un don Giovanni d’anticamera.
      Ma ad ogni modo non aveva a lagnarsi di lui, che mostravasi attivo e zelante nel servizio, e tollerava le sue frequenti assenze, specie notturne. Se glie ne moveva qualche volta rimprovero, Giovanni le rispondeva invariabilmente:


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Mastro Titta il boia di Roma
Memorie di un carnefice scritte da lui stesso
di Anonimo
pagine 421

   





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