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- Piscio d’angioli?
- L’hai detto tu, sozzone.
Quando Domenico si fu ben bene rimpinzato di cibo e di vino, stimò giunto il momento di tenere alla sua pudica metà un certo discorso, che andava mulinando in testa da parecchi giorni.
- Dimmi un po’ Michelina, incominciò - il curato è generoso non è vero?
- Generosissimo.
- Non ti rifiuta mai nulla?
- Non ho bisogno neanche di chiedere, suppone che abbia un desiderio, non me lo lascia manifestare, lo previene.
- Brava persona! Prete modello! Curato eccellente! Dunque se gli domandassi qualche cosa, non te lo negherebbe?
- Che dovrei domandargli?
- Che so io? De’ quattrini.
- Me ne ha già dati di molti.
- Ah si? Quanti press’a poco?
- Guarda!
In così dire Michelina si alzò, andò al canterano, ne trasse fuori una cassetta fatta a mò di stipo antico, coperta di velluto, con ornamenti e borchie di metallo, si frugò nel colmo seno, e tirata fuori una piccola chiave, aprì il cassetto.
Il merciaiolo sbarrò gli occhi stupefatti e gridò:
- Ma qui ci saranno almeno tremila scudi.
- Lo credo bene.
E frattanto Michelina si divertiva a tuffare le mani bianche e grassottelle nelle monete d’oro: provava una specie di voluttà al contatto di quel prezioso metallo.
Domenico era diventato più pallido del consueto. La vista dell’oro gli cagionava delle vertigini, e più volte in pochi secondi aveva portato gli sguardi dalla cassetta alla punta di un coltello, che aveva servito per tagliar la pizza e giaceva ancora sulla tavola.
- È pericoloso tenersi in casa tutto questo denaro - disse d’un tratto.
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