La cittadinanza fu estremamente commossa dall’iniquo attentato: venne decretato lo stato d’assedio. Cionullameno gli altri cospiratori indiziati e conosciuti dalla polizia, riuscirono a sottrarsi nella notte alle sue indagini.
Si eresse il procedimento per omicidio ed attentato omicidio, contro i quattro arrestati: Luigi Zanoli, Angiolo Ortolani, Gaetano Montanari e Gaetano Rambelli. Ma per quanto si facesse per trar loro di bocca i nomi dei complici e i particolari del delitto, non venne fatto. Legati dal giuramento alla setta, rifiutarono ostinatamente di rispondere alle interrogazioni dei giudici, né valsero a rimoverli dal loro proposito, blandizie e minaccie; disprezzarono le une e le altre, e condannati tutti quanti alla forca, risposero unanimementeChi per la patria muore
Ha già vissuto assai.
L’esecuzione ebbe luogo il 13 maggio sulla gran piazza di Ravenna, occupata militarmente, per modo che non potessero accostarsi ai patiboli eretti, altro che i personaggi addetti alla curia, i soldati, e i penitenzieri.
Le finestre e le porte e le botteghe della città erano tutte chiuse e molte erano addobbate a lutto. Non una persona si vedeva per le strade. Ravenna pareva mutata in una necropoli.
Tutti i tentativi fatti per convertirli erano stati energicamente respinti dai condannati, i quali non ne vollero sapere né di confessarsi, né di confortatori religiosi e protestavano contro l’accompagno di due frati, ordinato dal cardinale.
La carretta traversò le vie deserte e silenziose, tutta circondata da soldati a piedi ed a cavallo al gran trotto.
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