Avete dunque fatto buona caccia, ieri?
- Non quale la desideravo - rispose l’incognito. - Vi aspettavo.
- Aspettavate me? Eppure, a quest’ora, avreste dovuto conoscer bene la via.
- Sedete, Geltrude - disse l’incognito, facendole posto sul masso colla maggiore naturalezza del mondo e come si fosse trattato di una vecchia conoscenza.
Sedotta da quelle maniere disinvolte, senza soverchia affettazione, Geltrude accettò l’invito e sedette.
- Come conoscete il mio nome?
- Me lo hanno detto in paese.
- Vi siete dunque occupato di me?
- Sì, perché vi amo.
La fanciulla si levò di scatto: quella parola buttata là così, senza circonlocuzioni, l’aveva offesa. Con chi credeva d’avere a che fare quel cacciatore ardito?
- Sedete, - ripeté l’incognito - e non vi offendete. So che siete una fanciulla virtuosa, che non avete mai avuto amanti, che non volete saperne di matrimonio. Se vi confesso candidamente il sentimento che mi avete ispirato, credo di mostrarmi onesto e leale. Temete forse di me?
- No - rispose francamente Geltrude.
- Riprendete dunque il vostro posto. Non ho nulla a dirvi che possa appannare la vostra virtù. Vi amo. Ebbene che male c’è?
La fanciulla non rispose; ma si lasciò convincere dalla voce insinuante del cacciatore e gli sedette di nuovo a fianco.
- Anch’io m’ero proposto di non ammogliarmi: e non ho amato mai. Voi siete la prima fanciulla che mi ha fatto deviare dal mio proposito. Forse non ci rivedremo più. Ma permettete che vi manifesti l’animo mio.
- Ebbene? - mormorò Geltrude chinando gli occhi.
| |
Geltrude Geltrude Geltrude Geltrude
|