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      - Sarei tanto fortunato d’avervi ispirato un briciolo di simpatia? È una domanda indiscreta, lo so, e vi autorizzo a non rispondere né ad essa, né a quelle che per avventura mi sfuggissero. Io non ho dormito la scorsa notte, e voi?
      - Neppur io - sussurrò la fanciulla.
      - La vostra immagine mi è sempre stata innanzi agli occhi. Per quanto mi vi sforzassi non sono riuscito a fugarla.
      - Mi è accaduto altrettanto.
      - Sarei infelice se non dovessi più rivedervi, se non dovessi più parlarvi, se non dovessi più ascoltarvi. E voi?
      - Forse anch’io.
      - Voi non volete maritarvi pei vostri genitori, io non posso...
      - Perché?
      - A che servirebbe il dirvelo? Forse per una causa simile. Ma non potrebbe continuare questo mutuo scambio di confidenze e di affetti?
      Geltrude sollevò la testa che teneva china al suolo e guardò negli occhi del cacciatore. Era più che una risposta, era più che una confessione. Era un assenso.
      LXX.
      Un’orgia d’amore.
      I convegni fra Geltrude ed Enrico - tale il nome del cacciatore, - continuarono ogni giorno e finirono a diventare sempre più intimi. Mutavano il luogo, ma di volta in volta si internavano sempre più nella macchia.
      - Noi intessiamo un romanzo - diceva il giovanotto alla fanciulla.
      - E ciò val meglio di leggerlo - rispondeva Geltrude sorridendo.
      - E non arriveremo mai all’epilogo?
      - Sarebbe finito e non si potrebbe ripigliar da capo.
      Un dopo pranzo, un improvviso temporale li sorprese, mentre passeggiavano nella macchia. Grossi goccioloni incominciavano a cadere, forieri di un terribile acquazzone.


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Mastro Titta il boia di Roma
Memorie di un carnefice scritte da lui stesso
di Anonimo
pagine 421

   





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