- Con te verrei anche in capo al mondo.
LXXIV.
L’ultima notte del marito.
Toto, sollecitato da Geltrude, aveva ceduto il proprio negozio, perché intendeva ritirarsi dagli affari. Era abbastanza ricco per poterlo fare e non gli pareva vero di poter dedicare tutta la sua vita alla moglie, i cui trasporti erotici erano da parecchio tempo diventati inebbrianti. Egli non sapeva spiegarsi quella metamorfosi strana, ma ne accettava i benefici, senza indagarne la causa. Forse nella vanità che è innata nell’animo umano, la attribuiva all’ardenza del suo amore, alla gagliardia dei suoi amplessi.
Geltrude era in preda ad una straordinaria sovreccitazione erotica. I suoi ritrovi coll’amante non bastavano a saziarla: se ne ripagava col marito. Poi quando l’effervescenza della passione era calmata, questi le destava una ripugnanza invincibile. Ma era abbastanza destra, e già abbastanza corrotta per dissimularla. Il pensiero però che rinunziando al negozio ed agli affari si sarebbe trovata in piena balìa di quell’uomo, che se lo avrebbe avuto sempre al fianco, che non le verrebbe più fatto di incontrarsi col suo idolo, l’atterriva e la raffermava nel feroce proposito già formato di sbarazzarsi di lui. Quella notte doveva essere l’ultima del suo supplizio. Bisognava uscire ad ogni costo da una situazione insostenibile.
Aveva in casa un lungo ed affilato coltello, che pareva fatto con un pezzo di lama di spada, foggiato a pugnale. Mentre, estenuato dalla lotta amorosa s’era assopito, Geltrude scese pian piano dal letto e andò a munirsi di quel micidiale strumento.
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Geltrude Geltrude
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