Inviò sopra di lui i fulmini del Dio d’Israele e lo invitò ad andarsene per la porta, prima che gli venisse meno il lume della ragione e fosse tratto a buttarlo dalla finestra.
Pietro, che ormai vi aveva fatto il callo alle scenate del giudìo, ascoltò pazientemente fino alla fine le sue contumelie e non si risolse a rispondergli che dietro l’intimazione di andarsene.
- Proprio vero che a voler trattare da galantuomo coi furfanti è tempo sprecato - esclamò movendo un passo verso l’uscio.
- Come sarebbe a dire? Chi è il furfante e chi il galantuomo? Spiegatevi - urlò il giudìo.
- Il galantuomo, a rigor di termine, sono io, il furfante lascio alla vostra persona d’indovinare chi sia.
- Bel galantuomo! Dopo essersi mangiati i frutti sacrosanti del mio denaro.
- Vi faccio osservare che io non ho mangiato niente più di quanto mi avete sborsato.
- Egli interessi? gli interessi?
- Non sono stato io che ve li ho tolti.
- E chi dunque.
- L’avvocato di mia madre.
- Un altro galantuomo come...
- Come chi?
- Come voi?
- Non siete in vena di complimenti stamattina. Eppure per mostrarvi che sono qual mi vanto, era venuto per proporvi di cautelare questi frutti, che vi furono arbitrariamente tagliati dall’avvocato.
- Portate quattrini? tirateli fuori e proclamerò che siete la perla, la fenice dei galantuomini.
- Ecco veramente i quattrini non li ho; ma...
- Se non ne avete è colpa vostra, dovevate pagare a tempo.
- Vostra. Dovevate aspettare un po’ ancora.
- Sapete che i sovventori non volevano più oltre indugiare.
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Dio Israele
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