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      - Quanto è bella! - dicevasi da una parte.
      - Che peccato ammazzarla! - si aggiungeva dall’altra.
      Francesca udiva ed evidentemente se ne compiaceva. Non volle essere legata. E mentre porgeva la testa allo strumento mortifero, s’acconciava le pieghe delle veste.
      XCI.
      Un matrimonio mal assortito.
      Serafino Benfatti era un uomo aitante della persona, forte come un toro e violentissimo. A queste sue qualità aggiungeva quella di essere un dissipatore di primo ordine, un famoso gozzovigliatore e un dissoluto di prima forza, per il quale il maltalento era legge.
      Aveva condotto in moglie una leggiadra e soavissima giovinetta Perugina, da lui conosciuta ad Ancona, ove si era recata colla famiglia per le bagnature. Capo di una casa commerciale di molto credito, che teneva in mare parecchie navi, non aveva incontrato soverchie difficoltà per ottenerla in isposa.
      Sulle prime Serafino pareva pazzamente innamorato della sua Cesarina, e questa corrispondeva alla sua passione con tutto il fervore di cui era capace. Ma il suo carattere riservato e il suo temperamento delicato non le consentivano quei trasporti, quegli slanci, quelle pazzie che il marito avrebbe desiderato.
      Incominciò quindi il Benfatti a raffreddarsi e in breve volgere di tempo la moglie gli venne in uggia. Allora tornò alla vita di dissipazione che aveva incominciata, alla morte di suo padre, quando gli era succeduto nelle ragioni della ditta. Amoreggiò con donne di ogni qualità, spendendo molto più che non gli permettessero i suoi redditi; per rifarsene si diede a giocare sfrenatamente e perdette somme enormi.


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Mastro Titta il boia di Roma
Memorie di un carnefice scritte da lui stesso
di Anonimo
pagine 421

   





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