- Chi te lo vieta?
- La società innanzitutto.
- Poi?
- La mia coscienza. Io la detesto quella donna, tanto che potrei ucciderla; ma non surrogarla mentre vive.
Queste parole si figgevano nel cerebro di Serafino Benfatti e gli tornavano spesso alla mente; gli sembrava di udirne il suono, e cercava in essa un consiglio, un’esortazione, un incitamento a liberarsi di Cesarina.
Intanto i suoi affari andavano alla peggio. Perdette in un anno due bastimenti col carico e la sua rovina fu completa.
Non gli restava che liquidare il poco che gli era rimasto e prendere imbarco su qualche naviglio mercantile.
Ed è appunto ciò che egli decise di fare.
XCII.
Colpo fallito e colpo riuscito.
Una sera Maria Rossetti si vide comparire innanzi Serafino Benfatti in abito da marinaio.
- Che strana fantasia ti ha preso? - gli domandò aprendogli le braccia e stringendolo poi fortemente al seno.
- Non è una fantasia, è un fatto, rispose il marinaio.
- Spiegati, non ti comprendo.
- Sono rovinato.
- Non è da oggi che me lo dici.
- Quando te lo dicevo, la rovina era semplicemente in prospettiva; ora è compiuta. Ho liquidato i miei conti: ora non sono più armatore, non sono più commerciante. Non mi rimane più che la mia intelligenza, sorretta dalle braccia e da qualche migliaio di lire.
- Ebbene?
- Sono venuto per dirti addio. Mi imbarco: andrò al nuovo mondo, per tentare la sorte. Se mi arride tornerò; se mi continua avversa non ci rivedremo più.
A queste parole, presa da un subitaneo slancio d’affetto, Maria gli gettò le braccia al collo, e, sciogliendosi in lagrime, proruppe in un grido d’angoscia straziante:
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Serafino Benfatti Cesarina Maria Rossetti Serafino Benfatti Maria
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