- No: prima la vendetta.
- Voglio assistervi.
- Assisterai.
XCV.
Propositi di vendetta fra moglie e marito.
- Dove vi incontravate? domandava all’indomani mattina Luigi Finocchi, a Geltrude, entrando nella camera da letto, ove l’aveva lasciata sola la notte, per mantenere il suo fiero proposito.
- Ad una piccola casina lungo il mare, a pochi passi dalla città. È proprietà di una vecchia sorda, che gliel’affittava.
- Prendi penna, carta e calamaio e scrivigli.
- Perché?
- Per dargli un convegno.
- Ho capito, va bene. Eccomi pronta.
Finocchi si fece a dettare, mentre Geltrude scriveva:
«Arturo.
«La tua denunzia è stata una viltà: l’attribuisco alla gelosia e la perdono. Lui è partito stanotte. Né so che ne avverrà. Ho bisogno di vederti. Scrivimi, se ti potrò trovare al posto consueto, per il latore.»
«Tuta.»
Finita la lettera e fatto l’indirizzo, Giggi la prese ed uscì, affidandola ad un de’ suoi più fidi famigli, per il recapito. Quando ritornò da Geltrude aveva la risposta. Diceva:
«Angelo mio,
«Perdonami! Hai indovinato il sentimento che mi ha spinto. Vieni ti attendo stasera. Duolmi d’aver una vita sola per espiare l’infamia che ho commessa. È poco, ma è tutta tua.»
«Arturo.»
- Una vita sola basta! - disse Finocchi dopo averla udita leggere da Geltrude. - Non è vero?
- Sì, purché taccia per sempre.
Erano le undici di sera quando Tuta bussava alla porta della casina dell’antico suo amante. La notte era buia e temporalesca. Il cielo coperto di dense nubi nere, rotte di quando in quando dal bagliore dei lampi.
| |
Luigi Finocchi Geltrude Geltrude Giggi Geltrude Finocchi Geltrude Tuta
|