Non avrebbe potuto togliersi dal suo posto, senza dimandar loro licenza e gli pareva grottesco il farlo; più grottesco ancora rimanere, indiscreto testimonio.
La signora, mentre discorreva coll’ufficiale lo guardava di sottecchi e sembrava compiacersi del suo imbarazzo. Ma quando lo vide impallidire, a segno da parer prossimo a svenire, licenziò l’ufficiale con un piglio da regina, e mentre questi le si inchinava innanzi, si volse rapidamente e passò il suo braccio, meraviglioso, sotto quello di Timoteo, dicendogli:
- Portatemi a fare un giro per le sale. Qui fa troppo caldo; si soffoca.
E lo trascinò seco in un gabinetto, lontano, dove appena giungevano le note della musica, che metteva in effervescenza le coppie danzanti della sala da ballo; dove la luce di una grande carcel, soavemente moderata da rosei paralumi, dava all’ambiente un carattere dolcemente misterioso; dove pareva che le dichiarazioni di amore e i baci aliassero nella tepida atmosfera.
Blanche si abbandonò sopra un piccolo divano di raso rosso, i cui riflessi rendevano fiammeggianti le sue rotonde spalle ignude e le sue braccia anelanti d’amplessi, come il suo bel viso, acceso dalla passione intensa e dalla brama irrefrenata di voluttà, e trasse seco il giovane trasognato, chiedendogli, con un accento riboccante di promesse.
- M’ami?
Timoteo volle inginocchiarsele innanzi. Non aveva fibra che tenesse ferma: aveva un tremito nelle labbra, nella voce, nella persona.
- Vi adoro, come una santa sull’altare.
- Fanciullo!
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Timoteo
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