Da quel giorno la relazione fra il Bugatti ed il Marocco divenne sempre più intima e durò perenne. Il tornitore-poeta diventò il consigliere ed il segretario del carnefice, al quale infuse il desiderio di conoscere la storia dell’arte sua e di lasciare alla posterità quella delle «Operazioni» che andava eseguendo.
II.
Variazioni intorno alla Giustizia papale.
Mastro Titta, colla scorta del Marocco iniziò i suoi studi storici sulle esecuzioni di giustizia in Roma e potè così erudirsi nella materia, che doveva fornirgli argomento delle sue future elucubrazioni.
Non potendo seguirlo per filo e per segno nelle sue indagini, noi ne riferiremo sommariamente i risultati, come ce lo impone il compito che ci siamo prefissi ponendo mano a quest’opera, di metter cioè in chiara luce, come sia stata in quei tempi efferata e terribile la così detta giustizia dei Papi, valendoci all’uopo delle sapienti note del non mai abbastanza encomiato Ademollo.
Nel medio evo campo di giustizia era sempre la Rupe Tarpea. Presso un leone di basalto, i delinquenti udivano la lettura della sentenza che li condannava, e quanto ai malfattori di bassa condizione solevasi porli a cavalcione di quel leone con una mitra in testa e con la faccia impiastricciata di miele. Non si dice qual fosse il modo dello spaccio finale, ma è lecito credere la decapitazione almeno per i condannati, colpevoli o no, di condizione non plebea. Si trova infatti fino al 1354 un esempio illustre. Nel dì 29 agosto di quell’anno, fra’ Monreale veniva decapitato sulla piattaforma del Campidoglio nel luogo ove oggi è la statua di Marco Aurelio, ma la decapitazione si eseguiva con lo spadone del carnefice al quale il chirurgo del gran venturiero indicò la giuntura dove doveva colpire.
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