Ma s’el prigione sarà de’ nostri fratelli non doverà essere astretto, né ricercato pagare cosa alcuna, sol che la spesa della cera, o altra che per tal effetto si farà, nel resto si lasci al suo beneplacito se vorrà dare, o no, elemosina alcuna alla Compagnia.
Li Vesperi, & Messe che in tal solennità si diranno si cantino solo di Canto fermo che si faranno per il medesimo effetto, si fuga parimente ogni fausto, & ostentatione superflua, & particolarmente de musica, ma con molta devotione, & quiete li fratelli anderanno dicendo il Te Deum laudamus; li salmi Benedictus Dominus Israel, & Magnificat, alla piana, & all’uso Cappuccino che sarà di maggior edificatione nostra, & de gl’altri il tutto a laude, et gloria de Dio, & della sua Santissima Madre, pregandola che siccome nel giorno della sua santissima Natività la nostra Compagnia la prima volta uscì fuori, & in uno medesimo, si è ottenuto la tal prima gratia della liberatione del pregione, così si degni esserci sempre propitia, impetrando dal suo Santissimo figliuolo, a i vivi libertà di spirito, & a morti, quiete perpetua.
VI.
L’Abate Rivarola.
Toccava a Clemente XI della casa Albani il triste vanto di infierire contro i giornalisti, mandando a morte nel 1708 l’abate A. Rivarola e, nel 1720, l’abate Volpini.
Accusato il Rivarola, d’aver tentato di lacerare la reputazione di papa Clemente XI con «il dente ferino delle sue furiose mordacità» e d’aver avuto rapporto con eretici, Cavalieri Ugonotti, Inglesi ed Olandesi e d’esser stato amico di Luterani, fu d’ordine di monsignor Goveru fatto carcerare, e perquisita la sua casa, dove sequestraronsi le sue carte.
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