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      Risaputala volle egli stesso leggere i foglietti e se ne mostrò inorridito. Mandò quindi tosto a chiamare il Nunzio, monsignor Spinola, al quale comunicò gli scritti del Volpini. Di più fece ordinare al suo ambasciatore, Cardinale di Sirotembach, di non accordare più al satirico fogliettante la sua protezione e di lasciarlo fare imprigionare se così piacesse alla pontificia autorità.
      Il Nunzio non appena avuto il piego degli scritti del Volpini li mandò al Cardinale Paolucci, Segretario di Stato, il quale li rese tosto ostensibili al pontefice. Presane cognizione papa Clemente XI mandò a chiamare il Fiorelli Luogotenente Criminale dell’Auditore Camerale e si stabilì la cattura del Volpini, la quale ebbe luogo in una farmacia prossima agli Agonizzanti.
      Nel contempo fu arrestato il maestro di scuola di faccia all’Apollinare e un altro prete che pur si trovava e coi quali il Volpini coabitava. Altri furono parimenti incarcerati, ma poi rilasciati tutti, tranne il figlio del farmacista a Santa Maria in Campo Carleo, il quale copiava i foglietti del Volpini e li andava leggendo su tutti i pubblici ritrovi di Roma, aggiungendovi de’ fronzoli per proprio conto. Operò questa importantissima cattura il bargello del Vicario, Silvestrucci, il quale lo condusse in Campidoglio.
      Incoato il processo fu deputata a discutere la causa una congregazione speciale, dalla quale fu condannato. La sentenza avrebbe dovuto eseguirsi subito, ma la mancanza d’un carnefice, la fece procrastinare fino all’epoca suindicata.


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Mastro Titta il boia di Roma
Memorie di un carnefice scritte da lui stesso
di Anonimo
pagine 421

   





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