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      Non appena scesa dalla carretta spinse il paziente sulla scala annodandogli al collo la corda piccola, e afferrata l’altra più grossa detta di soccorso salì sulla seconda scala, ratta come un lampo. L’enorme sorpresa del pubblico a quella vista non aveva per anco avuto tempo di tradursi in alcuna manifestazione, che il corpo del Tonelli già penzolava dalla forca, sbalzato da un’energica spinta nel vuoto, coi piedi della donna appoggiati sulle spalle, e un ben assestato colpo di calcagno gli spezzava il collo alle vertebre cervicali.
      Fu l’affare di pochi secondi. Mai un’esecuzione, per impiccagione, era stata più rapida, più fulminea e più sicura.
      Compiuta l’operazione la moglie del carnefice risalì sulla carretta che la ricondusse alle carceri, con la stessa sollecitudine con cui era venuta, sempre circondata da una moltitudine di birri e di soldati.
      Intanto erano incominciati i commenti nella folla; due partiti si erano lì per lì formati. C’erano quelli che avrebbero voluto portare in trionfo la esecutrice e quelli che avrebbero voluto seguirla e farla a brani. D’ogni parte insorgevano litigi e si veniva alle mani. Indarno i birri rimasti cercavano di frapporsi e di sedare il tumulto.
      Dovette uscire dal Castello SantAngelo un forte distaccamento di soldati, i quali, chiusi i cancelli, si avanzarono sulla folla coi moschetti spianati. Allora seguì un fuggi fuggi generale. Molti furono buttati a terra e calpestati. Chi perdette il ferraiuolo, chi il cappello, chi la parrucca, chi la spada.


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Mastro Titta il boia di Roma
Memorie di un carnefice scritte da lui stesso
di Anonimo
pagine 421

   





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