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      Poi, riscaldandosi sempre più prese un accetta e le spaccò la testa: quindi la tagliò tutta a pezzi e uscì.
      La sentenza che lo condannava a morte fu pronunziata il 9 maggio dello stesso anno. L’esecuzione, ritardata per la discussione sorta sull’opportunità di servirsi dell’elettricità ebbe luogo la mattina del 6 agosto 1890.
      A sei ore e mezza in punto la porta della camera di esecuzione si aperse e apparve la persona del guardiano Durston.
      Dietro di lui si videro un uomo di bassa statura, dalle larghe spalle, e dalla folta barba, accuratamente pettinato e vestito di un abito completo nuovo.
      Era Kemmler il condannato.
      Lo seguiva il cappellano.
      Kemmler era senza dubbio il meno commosso dei tre. Egli osservava la camera con interesse speciale. Ma provò un breve fremito quando la porta si rinchiuse dietro di lui.
      - Volete favorirmi una sedia? - disse laconicamente.
      Il guardiano gli porse una sedia di legno che egli collocò davanti, un po’ a destra della poltrona d’esecuzione, in faccia ai ventisette testimoni, riuniti nell’angusta camera.
      Kemmler vi si pose a sedere tranquillamente e volse uno sguardo intorno a sé, poi dall’alto al basso, senza dar segno né di paura, né di preoccupazione.
      Pareva quasi che fosse contento di servire in quel momento da soggetto di studio.
      - Quest’uomo, signori - disse il guardiano - è Guglielmo Kemmler, gli ho detto che andava a morte e che se avesse qualche cosa a dire, dovrebbe farlo.
      Kemmler, che pareva avesse preparato un discorso disse:
      - Benissimo. Io auguro ogni fortuna a tutti in questo basso mondo.


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Mastro Titta il boia di Roma
Memorie di un carnefice scritte da lui stesso
di Anonimo
pagine 421

   





Durston Kemmler Guglielmo Kemmler