Mio padre aveva una sorella abbadessa nel convento N., uno dei più agiati di Napoli, dove le primarie famiglie della città ponevano le loro figlie in educazione. Spesse volte i miei genitori recavansi a visitare questa loro parente, conducendo secoloro me e mia sorella.
Io non so perchè questa mia zia avesse il desiderio di farmi monaca, e questo desiderio lo dimostrava ogni qualvolta noi andavamo a visitarla, e prediligeva me a mia sorella. Era proprio destinato che io fossi una vittima.
Un giorno che ci trovavamo appunto conversando colla zia abbadessa, questa mi ripetè il consueto ritornello: "Ti vuoi far monaca?"
- Per ora non ne ho la vocazione...
Mio padre riprese subito:
- Chi sa? La vocazione potrebbe venire!
Da quel giorno la mia pace fu perduta. Fra i miei sogni dorati, mentre la mia immaginazione si tratteneva con Arturo; quando i miei sensi erano rapiti nell'estasi d'una dolce voluttà, di repente venivano a turbarli quelle parole pronunziate dal padre: " La vocazione potrebbe venire! "
- Dio mio! pensava, sarebbe così snaturato da seppellirmi, mio malgrado, fra quattro mura, togliermi al mondo, e... Ciò non è possibile. Mio padre è severo, rigoroso sì; ma spietato, crudele, oh no! Poi non ho la mamma, che è così buona, affettuosa?
Ma questi ragionamenti però non ritornavano al mio cuore la consueta tranquillità, e passava le giornale intiere sospirando e lacrimando. Unico mio conforto era il rivedere Arturo. In quel momento delizioso, io dimenticava tutto. E benchè dopo ch'io l'aveva reso conscio dell'accaduto fra me e mio padre egli venisse in casa mia più di rado pur lo vedeva sovente passare e ripassare sotto le mie finestre.
| |
Napoli Arturo Arturo
|