- Oh! il signor tenente ha delle follie per la testa; ma io gli appresterò tale medicina che lo farà tornar savio.
In udir ciò diedi in pianto dirotto. Nè le consolazioni di mia madre nè quella di mia sorella valsero a calmarmi. Mi assalse un fremito per tutto il corpo, e caddi in deliquio. Fui messa in letto. Mi sopraggiunse una febbre così gagliarda; che fu d'uopo chiedere i consigli d'un medico, e stetti malata otto giorni, durante i quali mio padre restò sempre burbero, e non mi rivolse mai una consolante parola.
Già cominciava a rimettermi, quando una mattina, che eravamo riuniti tutti quattro a far colazione fummo sorpresi in sentire una forte scampanellata.
Corse la donna ad aprire, e si udì la voce di Arturo, che domandava se il colonnello fosse in casa.
Rispose la donna essere egli occupato a far colazione, attendesse nell'anticamera.
Arturo, disse alla donna, che passasse parola al colonnello, avendo premurose cose da notificargli. Io tremava come una foglia.
Il volto di mio padre si fece sì cupo da mettere spavento. Si alzò repente e gridò:
- Che passi colui, che ha tanta premura di parlarmi.
Infatti, con passo spedito e franco s'avanzò Arturo, e rispettosamente salutò il suo colonnello.
Io non l'avevo mai veduto in tale fiera e nobile attitudine. La sua fisionomia dignitosa, e colma di sdegno ad un tempo, dimostrava la giustezza della sua causa, e la quiete della sua coscienza.
Mio padre gli lanciò uno sguardo che sarebbe bastato a far retrocedere un leone; quindi lo squadrò da capo a' piedi, e tornò a fissarlo in volto.
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Arturo Arturo
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