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      - Io, senza curarmi di quanto succedeva, tirava diritto al mio scopo. Il male però di Arturo si faceva più grave di giorno in giorno: ma nessuno poteva prevedere quello che sarebbe accaduto fra poco, fiduciosi nell'antico adagio "fin che c'è vita, c'è speranza".
      Una sera trovandomi in casa del mio amato, vi notai un giovine, che non conosceva. A tal vista, mi turbai alquanto; senonchè accortosi Arturo del mio turbamento, si fece tosto a dissiparlo, dicendo:
      - Accostati, Maria, non temere di questo giovine; egli è come fosse di casa. È mio cugino, venuto da qualche anno in Napoli a studiar legge. Egli, vedi, ti sarà di qualche aiuto ne' tuoi bisogni, e quando il rigore paterno ti condannerà alla dimenticanza, ricorri ad esso, e confidati in lui, come ti saresti confidata a me medesimo.
      Il giovine, per nome Celso, mi prese la mano, e con calore soggiunse:
      - Vi giuro, bella sventurata, di sacrificarmi totalmente per la vostra felicità, e mi farete sempre un onore di ricorrere in qualunque circostanza a me.
      Una mattina mio padre mi fa chiamare presso di sè. - Non senza un batticuore mi vi recai.
      Qual fu la mia maraviglia però nel trovarlo, contro il solito gioviale e carezzevole. - Mi disse molte belle cose, fra le quali mi fece concepire le speranza, che fra pochi mesi mi avrebbe richiamata al suo fianco: ma era indispensabile che pel momento io mi fossi ritirata presso la zia, frattanto che egli non avesse dato sesto alle bisogne della casa e sistemati alcuni interessi urgentissimi.


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I Nuovi Misteri del Chiostro Napoletano scritti da un'ex monaca e pubblicati dall'abate **
di Anonimo
Tip. Guigoni
1871 pagine 97

   





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