Non risposi, nè ringraziai.
La conversa mi prese per la mano, e mi condusse a girare i dormitorii, e le altre parti del convento.
- Vedete. diceva, vedete quanto lusso, quanta comodità, quante bellezze!
- E che importano a me simili cose?
- Importano! Almeno potete assicurarvi che qui non manca nulla... propriamente nulla. - Qui, vedete, voi sarete servita come una gran dama, rispettata a paragone di tante altre monache ricche e titolate... Sarete invidiata da tutte!
- Invece io avrei più caro che mi disprezzassero.
- Baie! dovendo viver qui, bisogna lasciare queste ideacce.
- Ma io non devo viver qui.
- Oh! vedrete che ve ne verrà la volontà. È così bella la vita del chiostro!
- Per me è orrida.
- Non lo credete, tutte sulle prime tengono il vostro linguaggio, ma ben tosto cambiano di parere.
Venne intanto la sera. Fui colta di stupore nel vedere che la conversa dormiva nella stessa mia camera. Tal cosa mi crucciò. Nondimeno mi fu giocoforza ingoiare quest'amara pillola.
Appena coricata, la conversa s'addormentò.
- Io non potei avere questo benefizio. Mi risovvenne la mia fanciullezza passata tra gli amplessi materni, tra giochi innocenti... la crudeltà di mio padre... l'amore per Arturo... le delizie e gli affanni provati... la promessa che Celso non mi avrebbe mai abbandonata, le speranze, i timori, le gioie, le ambascia, i sogni dorati, le disillusioni... la morte sociale. Attaccavo un sonno: ma di rapente mi svegliava tutta tremante. L'agitazione non mi dava posa. Or sur un fianco, or sull'altro, or supina, non trovava una posizione adatta a ristorare le mie forze.
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Arturo Celso
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