Mi accorsi che ogni monaca aveva un confessore scelto di suo soddisfacimento. Questi direttori spirituali, come esse dicono, sono i loro consiglieri, i loro tutori, i loro amanti, i loro idoli, il loro tutto; ma se lo domandate ad esse vi diranno, che essendo segregate dal mondo han d'uopo d'un confidente, d'un verace amico, che le ammonisca, che le diriga, e loro serva di guida per salvare l'anima. - Questa è pretta menzogna. E perciò allora sono elleno gelose se il proprio direttore si fa lecito confessare altra monaca? Perchè trattenersi per due o tre ore nel confessionale da sola a solo? Per qual motivo spessissimo le monache si fingono malate, onde avere il confessore nella propria camera? Perchè vicendevolmente scambiansi bigliettini? - Io vorrei sapere la soluzione esatta di tutti questi problemi, e non isbaglio nell'asserire, essere tutto ciò una tresca amorosa, una continua relazione di ributtevoli e vergognosi amori.
Ma qui non finisce. Più sotto nella lettera che diressi a mio padre, e che testualmente trascriverò, potrà il lettore conoscere altre verità, minuziose sì, ma non edificanti. Intanto mi accingo a narrare un altro fatto, degno di non passare inosservato.
Tanto mia zia che le altre monache, mi riguardavano come un essere scandaloso e pernicioso. Per convertirmi, come esse dicevano, furono unanimi a darmi per confessore un reverendo dalla faccia tubercolosa, dalle gote grasse e paonazze, giovane anzichè no, tendente a' frizzi, e all'ilarità; ma altrettanto austero con le penitenti, e godeva il nome di profondo teologo, e di abile confessore.
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