Per tutta risposta crollai il capo. - Il reverendo trovando il terreno non troppo cedevole, abbandonò il tono predicabile, e con voce più melliflua, proseguì:
- Ditemi, avete mai amato?
- Anzi, molto.
- Amate sempre?
- Ciò non deve interessarvi.
- E sì che deve interessarmi. Il confessore ha diritto di saper tutto dalla sua penitente.
- Signor reverendo, se volete ascoltare la mia confessione, sono disposta a rivelarvela; non sono disposta però a pascere la vostra eccessiva curiosità.
Questa volta nuovamente tornò a mordersi le labbra da farne spiccare il sangue. Ma continuò con una pacatezza ammirabile:
- Vi scambiate fogli o biglietti?
- Presso a poco ho fatto quello che le monache di questo convento fanno coi loro direttori spirituali.
Un sorriso satanico apparve sulle labbra dell'interrogatore, che prosegui:
- Avete mai passato istanti da sola a solo coll'oggetto amato?
Non risposi.
- Tacete?
Non feci verbo.
- Ci passarono mai confidenze?
- Spiegatevi.
- Cioè... riceveste strette di mani...?
Mi alzai, e mi accingeva a partire, quando il padre sgranando due occhiacci da spiritato, gridò: - Cosa fate?
- Vado a fare una passeggiata.
- E voi trattate così la confessione? Ma voi siete dannata, figliuola!...
- Peggio per me! Voi pensate alla vostra, io penserò all'anima mia.
Non so perchè il reverendo bonariamente mi licenziasse, e più bonariamente m'invitasse per la dimane. - Io, d'altronde, voleva diportarmi così malamente con tutti, per stancarli, onde mi avessero cacciata via.
L'indomani, eccomi di nuovo nel trono pretino, al famoso confessionale.
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