Non so l'effetto che quella lettura gli fece; so che l'indimani di buonissim'ora si recò al convento, chiedendo di sua sorella. Volle pure che fossi presente anch'io, e appena posto il piede nella stanza di ricevimento, con ira repressa, incominciò:
- Mi congratulo con voi, amabile sorella, del bel sistema che tenete per la educazione delle fanciulle, e nel tempo stesso per la salvazione delle loro anime. Io sono non maravigliato, ma esterrafatto nel vedere un monastero ridotto a postribolo.
La zia non senza un qualche turbamento, voleva parlare; ma mio padre non gliene lasciò il tempo, e proseguì con tuono beffardo:
- Non vi stupiscano, cara sorella, le mie parole; queste le appoggio coi fatti e con documenti che nessuno potrà contrastare. Prendete e leggete. - A domani la risposta. E ciò dicendo le gettò l'involto, che io gli aveva mandato, e senza fare altre parole uscì. Io restai pietrificata. Mia zia afferrò l'involto, si alzò, e si ritrasse, dicendo:
- Vediamo di che cosa si tratta.
Mentre la sera era in procinto di coricarmi, la conversa dell'abbadessa, mi chiamò in suo nome.
- Senza replicare vi andai. Colà giunta mi ordinò di sedere. Ubbidii. - Lessi nel volto della zia un turbamento eccessivo.
- Non potrete negare, mi disse finalmente, essere stata voi quella che ha scritto a mio fratello questa lettera, ed inviati questi libri'
- Non lo nego.
- Perchè non esternarlo a me, anzichè ricorrere ad altri?
- Perchè non sarei stata creduta. Perchè mi sarei tirata addosso la persecuzione di tutte le monache.
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