Ma Dio mi diè tanta forza da non profferire tale parola, e morì li dove era nata.
Anche esso era una vittima de' proprii genitori. Lo seppi in seguito dalla sua bocca stessa.
Non lo rividi che dopo quattro giorni; cosa fuori del consueto. - Quando però ci rivedemmo, mi disse essere stato alquanto indisposto, che la scena avuta meco n'era stato la causa; che aveva trovato plausibili le mie ragioni che aveva saputo tutta la storia de' miei amori da Celso, e da quel momento egli mi diventava, non un amante, ma un amico, un fratello, un protettore.
Tali parole mi rinfrancarono. - Mi porse una letterina,
- Leggete, è Celso che scrive. Egli non vi ha mai dimenticata. Vi ha seguita dovunque, e presto vi accorgerete quanto ha fatto per avvicinarvisi.
- Grazie, risposi commossa.
- Parlatemi sincera, voi siete infelice qui dentro, non è vero?
- Mi sono data pace.
- Se un giorno voi voleste reclamare la vostra libertà, il diritto di tornare a far parte del consorzio sociale, non me lo nascondete. Io pongo a vostra discrezione tutto me stesso: ho amici veri e sinceri che non mi negano il loro aiuto.
- Non mancherò d'incomodarvi, se abbisognerò del vostro aiuto.
- Sarà sempre un onore per me, non un incomodo.
Se non posso amarvi, vi stimerò: nel fondo del mio cuore innalzerò per voi un'ara... a cui sacrificherò tutto me stesso... Addio... mi avete capito?
Gli strinsi la mano, bruciava dalla febbre.
M'affrettai ad aprire la lettera. Eccone il contenuto:
Signora.
Sono laureato in medicina. Ciò feci per insinuarmi nelle vostre reclusioni, ciò che non è mai dato ad un legale.
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Dio Celso Celso
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