- Leggete la qui acclusa e sentirete le disposizioni che mi lasciò il nostro comune amico - meditatele, e me ne saprete dire la vostra opinione.
Con ansietà febbrile aprii la seconda lettera, ove vi era rinchiuso un foglio vergato dalle mani stesse dell'uomo che tanto amai, e da cui tanto fui amata. Recarmelo alla bocca, coprirlo di baci, inondarlo di veraci lacrime fu un punto solo. La gioia di rivedere un oggetto sì prezioso fu tale che credei d'avere smarriti i sensi. Il mio pensiero rivolò ai miei tempi felici! Ricordai la mia giovinezza, mia madre, le dolci sensazioni dell'amore! Comunque sia i primi palpiti restano scolpiti incancelabili nei reconditi del cuore.
Lo scritto d'Arturo diceva:
Caro Cugino!
È impossibile che io viva. Tutti i medici mi han detto che la mia guarigione non puossi ottenere. L'unico dispiacere mio è di lasciare i miei poveri vecchi, e la mia buona Maria, a cui tributo non amore, ma venerazione.
Morto io, tu vegliala, proteggila e salvala dall'unghie del suo carnefice che è suo padre, il quale agogna di seppellirla viva nel chiostro, per vivere libero e senza imbarazzi, una vita di libertinaggio e di orgie. - Io non tel comando, l'amore non puossi imporre, ma se il tuo cuore fosse rapito a tanta bellezza e sventura, falla tua sposa, e amala che ne è degna, di quel possente amore di cui io stesso l'avrei amata, se Dio per chiamarmi a sè, non avesse stabilito di troncarmi la vita.
Nella speranza che tu esaudirai la preghiera di un compagno della tua giovinezza, mi addormento tranquillo nell'origliere dell'eternità."
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Arturo Cugino Maria Dio
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