- Amo piuttosto andare da mia sorella, ove attenderò la mia sorte. L'abate sortì, e tornò con un legno chiuso. Montatavi mi accompagnò da mia sorella.
Non descrivo la sorpresa della sorella e del cognato nel rivedermi. Il lettore potrà di leggieri immaginarselo. Narrammo loro l'accaduto; ma tacemmo la parte che riguardava Celso. Il mio amore doveva restar sepolto. Dissi che era sortita perchè la vita monastica mi era divenuta odiosa.
Sparsasi la nuova della mia fuga fu sossopra il convento. Il cardinale vi accorre, grida, urla, schiamazza, Ma mio cognato non tardò molto ad informare sua Eminenza come io mi trovassi presso di lui, e prendesse quelle precauzioni che meglio credesse.
La dimane mi si presenta un sacerdote, il quale mi comanda di seguirlo in convento. Sulle prime mi ostinai; ma i preghi di mio cognato e di mia sorella vinsero la mia ostinatezza. Soltanto osservai al sacerdote:
- Quale ordine vi autorizza a ciò fare?
- Quello di sua eminenza il cardinale R.
Arsi di rabbia, e mi fu forza rassegnarmi. Seguii macchinalmente il prete. Mia sorella e suo marito mi accompagnarono.
Giunta alla carrozza vi trovai dentro due individui.
Dimandai chi fossero. Mi fu risposto essere due agenti della pubblica forza.
- Non ve n'era bisogno, risposi.
- Via facendo il dolore rinchiuso si stemperò in lacrime. - Mia sorella domandommi la cagione del mio piangere. - Gliela esternai, dicendole il rincrescimento della perdita della mia libertà, le vessazioni che mi si farebbero dalle monache e dai preti.
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Celso Eminenza
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