La sera mi sopraggiunse una forte febbre, e mi si svilupparono le terzane. La superiora, ottima donna, mi fu larga di ogni cura, d'ogni gentile parola. Non un rimprovero, non una frase sul mio passato. Ebbi desiderio di confessarmi, e pregai l'abbadessa di farmi chiamare l'abate**. - La mia domanda fu soddisfatta. Il buon abate non si fece attendere e(6) mi disse che il processo di Celso era per terminare non trovandolo i giudici colpevole, e che sarebbe quanto prima posto in libertà. Averlo egli tosto avvertito dell'accaduto, ed esserne egli restato molto dispiacente.
Intanto la mia malattia andava volgendo al suo termine. Le cure usatemi dalla superiora, e la relazione ripresa con Celso contribuirono ad affrettare la mia guarigione.
Ricevei da Celso, la lettera che qui trascrivo.
Maria!
La tua sorte infelice mi ha cagionato nuovi dolori: da quella malaugurata sera io non sono stato più bene. - Domani uscirò di prigione; ma la mia sicurezza richiede di lasciar Napoli, giacchè ho avuto la buona fortuna di essere assoluto. Appena libero metto in sesto le mie cose e vado in Piemonte. Di là saprai mie nuove. - Non pensare che io ti abbandoni, lascio a tua guardia un angelo custode... l'amico nostro... l'abate** che ci ha date tante prove della più rara amicizia. - Sta sempre pronta e preparata ad ogni suo cenno. Studia tutte le uscite di cotesto convento. Non ti allarmare. La libertà si acquista a caro prezzo. - Vivi tranquilla ed abbi sempre fiducia in chi vive unicamente per te."
Il mio nuovo asilo, non diversificava punto dal vecchio.
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