- Bella ed amabile monachina, mi mettereste a peccato se così parlo?
- Io? no, che non avete l'aria di peccatore; bensì quella di ridicolo. Ve lo dissi altra volta.
- Io ridicolo!... Badate... so fare anche l'uomo serio, se voglio.
- Allora parlate da senno.
- Volete che diventi tragico, che faccia pompa di frasi nere, cupe, terribili? - Che mi direste? - Invece vi parlo un linguaggio calmo, sereno, il linguaggio del cuore. - Oh! siete molto austera! Scacciate i neri pensieri, la trista malinconia, e vogliate gustare la soavità del piacere.
Ed in così dire, fe' atto di abbracciarmi.
- Indietro, per la Madre Dio! urlai, colma di sdegno. L'amplesso d'un galeotto lo soffrirei... quello d'un cardinale lo respingo.
L'Eminenza restò come una statua. Volle borbottare qualche parola; ma gli morì nella strozza.
Inorgoglita della mia riuscita, nello stesso modo proseguii:
- Uscite! e accompagnai la voce col gesto. - Uscite! replicai, o chiamo gente.
- Voi mi minacciate?...
- E son capace di tradurre a fatti le mie minaccie.
- Ve ne pentirete.
- Forse voi, un giorno, vi pentirete di essere stato verso di me ingiusto, crudele e libertino.
- Quel giorno non verrà mai! - E da questo momento voi proverete la mia collera, il mio sdegno.
- La vostra collera non la temo, il vostro sdegno mi onora.
- Lo vedremo signora! Da questo istante sarà guerra accanita.
- Fate ciò che vi aggrada.
- Io spero, replicò egli, di ridurvi un'agnellina! spero di vedervi alle mie ginocchia umile e supplichevole: spero di domare e di abbattere il vostro orgoglio.
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Madre Dio Eminenza
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