- Vedremo - replicai, intanto uscite!
Il cardinale, rosso dalla rabbia, sortì borbottando.
Da quest'epoca fui fatta segno ad una serie di persecuzioni, di basse ed ignobili vendette, e ad ogni specie di sevizie da tutte le monache ad ispirazione del cardinale. Più volte ricorsi alla superiora e più volte questa prese a cuore la mia difesa, sostenendola con calore e con fermezza. - Mi era stato proibito di scendere in giardino: un giorno annoiata chiesi il permesso alla superiora di potervi andare per una oretta a fare una passeggiata. Me lo concesse. Fu riferito al cardinale, il quale alla prima occasione rimprocciò la superiore, la quale gli rispose:
- Eminenza non so perchè debbasi farmi carico di dare un piccolo permesso ad una mia dipendente, mentre ad altre è concesso.
- È un gastigo che voglio infliggerle per la sua disubbedienza. Per l'avvenire guardatevi bene di alterare i miei ordini, che io sono uomo da punire anche voi, sapete?
- Io rispetterò V. E. come V. E. rispetterà me. Ella comandi ai suoi preti, che alle mie monache comando io.
Il dialogo finì qui, giacchè il cardinale, o non volendo replicare o non avendo che dire, voltò le spalle e si ritirò.
Celso era già partito per Genova. La stirpe esosa dei Borboni affogando il liberalismo nel sangue, aveva abolito, se non legalmente, di fatto il reggimento costituzionale, e ripreso il governo dispotico. Le spie, gli sgherri, tutti gli agenti del potere, i preti, e la innumerevole falange fratesca, avevano rialzata la testa, sacrificando esimi cittadini, onore d'Italia e luminari del progresso, popolando gli ergastoli ed i bagni dei migliori patriotti.
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