- Vi disturbo? mi disse, entrando.
- Niente affatto.
- Non lo credo.
- E perchè? sopratutto se la vostra visita ha uno scopo gradevole.
- Il vostro linguaggio mi sembra più mite. Voi al certo avete modificato le vostre strane idee.
- Le idee si cambiano, i principii sono immutabili.
- Voi già mi odierete sempre... voi mi terrete sempre per un oppressore... per un terrorista.
- Quando voi mi avrete dato prova d'impietosirvi alle giuste lagnanze di un infelice, allora potrete avere la mia gratitudine.
- E non altro? si affrettò a replicare.
- La mia stima, la mia devozione.
- E non altro?
- Non altro. E cosa io, povera donna, potrei dare a voi, ricco, titolato, onorato, e tenuto in rispetto?
- Io vorrei il vostro affetto. A questo patto, solo a questo patto, voi potrete uscire dal convento. - Pensateci.
E se ne andò. Mi contenni, e feci bene. Non volli sfidare di più la collera del cardinale.
Dunque, aderendo io alle pretese cardinalizie, avrei potuto uscire! Oh! carità veramente pretina! Divenendo la druda dell'eminenza, le ferree porte del chiostro si sarebbero spalancate, e avrei potuto respirare le dolci aure di libertà! - Povera religione in quali mani sei caduta!...
Nello stesso giorno l'Abate** mi consegnava un piccolo biglietto di Celso, il quale diceva:
Mia cara,
Ho dato, a chi tu sai, tutte le istruzioni necessarie. Affidati dunque a lui, e dipendi da' suoi ordini. - Non temere di nulla: è troppo onesto, troppo generoso, da abusare in qualsiasi momento della confidenza che una donna ripone in esso.
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Abate Celso Abate
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