E i Napoletani attendevano il momento opportuno per scuotere le catene e gettarle in faccia all'imberbe tirannello.
Si fu allora che chiesi all'autrice il permesso di pubblicare queste memorie; ma tenuta da certi riguardi, e da vaghi dubbii, mi pregò a lasciar trascorrere un'altro po' di tempo. Quando meno ci pensavamo il giornalismo italiano annunziava il libro della signora Caracciolo(7), vittima anch'essa del chiostro, libro che in pochi mesi fece il giro dell'Europa, rivelando colla semplicità di una coscienza onesta, gli orribili misteri dei conventi, che fino a quest'epoca erano sconosciuti o quasi.
Allora tornai di nuovo ad insistere presso l'autrice, di pubblicare questo scritto; ma ella mi rispose:
- La signora Caracciolo m'ha preceduto. È inutile che io dia alla luce le mie memorie, quando essa ha narrato press'a poco le medesime cose.
- Che importa? - Anzi in tal guisa, la cosa acquisterà più fede.
- Lo credete?
- Sicuramente. - Poi le avventure vostre sono molto dissimili da quelle della signora Caracciolo, e da questo lato potranno interessare la curiosità dei lettori. In secondo luogo diversificano anche i tanti e vari avvenimenti da sembrare, se non un nuovo lavoro, almeno una continuazione di quello.
- Dite bene. - Vi do il permesso di fare quanto credete. Vi prego però di recarmi il mio manoscritto: voglio rivederlo, togliere i nomi, sopprimere alcuni fatti, ecc. ecc.
- Farò quanto voi dite.
Infatti le recai il manoscritto. Ella vi fece quelle modificazioni che credè necessarie, e quindi me lo restituì accompagnato dalla seguente lettera.
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