Tutte quelle mirabili e ferme disposizioni del fanciullo Edgardo conducono il nostro autore a questa conclusione: «Talmentechè nel presente caso fanno a fidanza coll'altrui imperizia quei che propongono le tesi in questi termini: si deve il figlio rendere al padre che lo domanda? in questa generalità di termini conchiude che sì, ma la quistione non è questa; la tesi, dice egli, deve proporsi in questi termini: al padre ebreo si deve rendere il figlio cristiano sicchè egli possa liberamente abusar della paterna autorità per farne un apostata?» Conchiude che basta il senso comune, ed un poco di fede soprannaturale per rispondere che non si può e non si deve e sarebbe crudeltà inumana il farlo.
E noi risponderemo: che se a semplice aiuto del senso comune e a quello dei sentimenti più naturali di tutti gli uomini, noi porremo innanzi autentiche prove di fatti, per comprovare che quell'improviso svilupparsi di ripugnanti sentimenti pei suoi genitori, quelle entusiastiche disposizioni a prò della nuova religione, sono false e destituite di fondamento, mostrando anzi quel fanciullo un ardentissimo desiderio di ritornare presso la sua famiglia, la tesi proposta sopra quelle basi cade di per sè, chè le viene meno tutto il fondamento che l'abile nostro panegirista così mirabilmente fabbricò. Noi gli diremo coll'asseveranza di chi ebbe prove, documenti e relazioni non dubbie, che quando Mortara padre potè penetrare nel collegio dopo essergli stato reiteratamente contrastato (che che ne dicano in contrario i nostri avversari) nell'abbracciare il suo tenero figliuolo, dopo avere avuta in ricambio da esso le prove della più viva tenerezza gli fece sapere che avea sollecitato dal Papa la permissione di ricondurlo a Bologna; la gioia del fanciullo fa estrema, si mise a gridare ad alta voce che egli era pronto a partire, dovesse passare le notti in vettura durante tutto il viaggio.
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Edgardo Mortara Papa Bologna
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