L'ebreo Mortara di Bologna aveva al suo servizio una servente cattolica. Questa si era affezionata d'una tenerezza materna ad un figlio del suo padrone dell'età di sei anni, e che era caduto pericolosamente ammalato; la servente, dominata da' suoi sentimenti religiosi ed anche naturali per questo fanciullo, vedendolo in pericolo imminente di morte (20), temendo per la sua salute, e infine credendo non obbedire che ad un dovere imperioso, gli conferisce il battesimo. Intanto il fanciullo si risana dalla sua malattia presunta mortale. Due anni passarono senza che alcuno della famiglia supponesse ciò che era stato fatto dalla servente, ma questa avendo abbandonato il servizio di Mortara, credè dover far parte de' suoi scrupoli a un prete, sopra l'avviso del quale essa denuncia il battesimo del giovinetto ebreo all'arcivescovo di Bologna. V'ha qui una circostanza che potrebbe non apparire chiara, e che noi non avremmo potuto chiarire, non avendo alcun diritto nè alcun mezzo di immischiarci nella procedura che certamente il S. Uffizio ha dovuto aprire a questo proposito. È egli certo che il battesimo sia stato conferito? Dovrassi appoggiare esclusivamente alla testimonianza della servente? Questa ha abbandonato il servizio della famiglia ebrea senza alcun motivo segreto di malcontento o d'odio? Non si è ella resa; colpevole di una supposizione le di cui conseguenze dovevano avvelenare la felicità domestica, se si considera questa felicità dal punto di vista religioso di questa famiglia?
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