Non par di sentire Agnelet che non uccideva i montoni ma li strozzava dolcemente, e non per far loro del male ma per impedire che essi non morissero di rogna? Ma noi arrossiremmo di scherzare un istante sopra un simile soggetto, e noi amiamo meglio confessare che tutto riesce più odioso ancora quando è raccontato con questo abbominevole linguaggio.
E quegli uomini ci dicono che la prima riflessione che si presenta alla mente dopo questa lettura è di ridurre al loro giusto valore le accuse de' giornali. Essi s'ingannano, la prima impressione di quelli che leggono simili cose è una sorpresa dolorosa vedendo rivestire di pietosi dolori un delitto di cui verun onest'uomo non oserebbe macchiarsi.
Questa disgustosa sorpresa aumenta quando si veggono commettere simili fatti a poche leghe dalle nostre frontiere, o diciamo meglio a qualche passo dai nostri soldati, presso il nostro vessillo che sventola a Roma. E quando si deride così il buon senso e l'umanità, è della protezione delle nostre armi che si abusa. Noi aspetteremo ancora, prima di pronunciarci.
Non possiamo ancora rassegnarci a credere che il giornale di Brusselles sia bene istrutto, e che egli abbia altra cosa a dire per discolpare i rapitori del Mortara.
Noi non vogliamo accettare questo racconto come l'ultima parola della Corte di Roma. Stenteremmo a conciliarlo coi sentimenti ben conosciuti di giustizia e umanità che animano e che onorano il capo della Chiesa cattolica. Se però per nostra sciagura, questo racconto apologetico è vero, siamo costretti a convenire che noi abbiamo richiamato il nostro ambasciatore da Napoli perchè non fosse testimonio di atti di oppressione meno vergognosi certamente che quelli che si commettono negli Stati romani al favore della pace mantenuta dalle nostre armate.
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