Ma non v'ha nulla che possa meglio appartenerci dei figli, sangue del sangue nostro, parte migliore di noi destinata a continuare la nostra esistenza per la catena delle generazioni, sacro deposito a noi affidato dalla Providenza per doverne soli rispondere ad essa. Nello integro sviluppo delle facoltà che costituiscono l'uomo, dando la capacità morale delle proprie azioni, il figlio rimane vincolato al padre solamente pei legami del rispetto, della gratitudine, e dell'amore, ma prima ch'egli abbia raggiunto questo periodo della vita, nè le divine nè le umane leggi non riconoscono in lui personalità distinta da quella del padre.
La educazione della prole, primo degli obblighi inerenti al nome di padre, è l'oggetto in cui assume più di solennità e di vigore la potestà paterna, onde il figlio nato per decreto providenziale da un israelita, deve essere per tutti israelita, fino a tanto che non voglia altrimenti il padre od egli stesso, fatto adulto, e perciò non v'ha potere che valga nei termini del giusto e dell'onesto, ad imporgli altre credenze di quelle ricevute dall'insegnamento paterno, quando la volontà del genitore è sua volontà, allo stesso modo, che non varrebbe quando egli fosse emancipato a se stesso (V. S. Thom. III. Quæst. 67).
Non potrebbe essere più preciso e perfetto secondo che afferma l'angelico Dottore, il parallelo dell'uno e dell'altro attentato, dinanzi agli ordini immutabili della giustizia, e quindi come non si saprebbe avvisare cagione di differenza nella colpabilità di chi amministra il battesimo all'adulto non volente, e di colui che l'adopera in un fanciullo, ad onta del paterno volere, così non è dato conoscere per qual titolo non abbia a giudicarsene eguale l'effetto in ambi i casi.
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Providenza S. Thom Dottore
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