Questa legge emana dalla ragione sovrana, č necessaria, immutabile, universale; ella abbraccia tutti i tempi e tutti i climi; ella comanda al suddito ed ai monarca, ella si fa intendere in mezzo alla barbarie, come fra le nazioni civili; ella non ha bisogno per essere conosciuta nč di araldo nč d'interprete; la sua luce penetra da se medesima in tutti gli spiriti; i suoi precetti sono scolpiti in tutti i cuori. Gli uomini nulla possono contro lei, perchč essa non č opera degli uomini; nessuna autoritą (notate questo) puņ abolirla nč dispensarsene. Tutto ciņ che ella ordina č essenzialmente buono. Tutto ciņ che ella proibisce essenzialmente cattivo. Le leggi civili, le convenzioni dei privati sono giuste quando esse non le sono contrarie».
Questa definizione sviluppata richiama naturalmente quella dell'oratore romano: «Č una legge vera e assoluta, č la retta ragione, conforme alla natura, universale, invariabile, eterna, la di cui voce insegna il bene ch'ella ordina ed allontana dal male che proibisce... Non si puņ nč infirmarla con un'altra legge, nč intaccarla per verun rapporto, nč abrogarla; il popolo e il senato non possono dispensare dall'obbedirle: essa č l'interprete di se medesima; ella non sarą diversa in Roma, diversa in Atene, diversa oggi, diversa domani; dapertutto, in tutti i tempi questa legge immutabile, di cui Dio č l'autore, non cesserą di obbligare tutte le nazioni».
«Est quidem vera lux, recta ratio, naturę congruens, diffusa in omnes, constans, sempiterna, quę vocet ad officium jubendo, vetando a fraude deterreat.
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Roma Atene Dio
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