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      Io so bene, ed è precisamente per ciò che io insisto tanto sulla nozione della legge naturale, che i miei avversarj non ne sono i partigiani più zelanti; ma non è certamente una ragione per noi di tenerla in minore stima, poichè ella è il fondamento della morale, il fondamento delle leggi sulle quali riposa la società. Ora io pretendo che uno dei principj di questa legge naturale, riconosciuto da tutti i pubblicisti come pure dai teologi, sia che il figliuolo appartiene ai suoi genitori.
      Il fanciullo non può evidentemente essere per molti anni arbitro di se medesimo, esse sui juris. Egli è per molto tempo incapace di provvedere a' suoi bisogni e di dirigersi. Chi sarà incaricato di questa cura provvidenziale, di questa direzione? Non è la natura o piuttosto Iddio medesimo che designa i parenti come i provveditori, i tutori ed i guardiani di quei fanciulli che egli loro ha dato? È giusto, dice Grotius, che quelli che non sono capaci di condursi da se medesimi, sieno governati da altri; e non vi ha che quelli che hanno data la vita ad un fanciullo che sieno naturalmente incaricati della cura di governarlo... La potestà paterna è talmente personale e sì inerente alla paternità, che non ne può essere separata nè traslocata ad altri (De jure belli et pacis, 1, II, c. 5), Il figlio, secondo s. Tommaso, appartiene per diritto di natura al padre, e fino a tanto che non ha l'uso del suo libero arbitrio (vale a dire fin tanto che egli non può condursi da se medesimo), deve rimanere sotto la custodia de' suoi parenti.


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Roma e la opinione pubblica d'Europa nel fatto Mortara
Atti documenti confutazioni
di
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Iddio Grotius Tommaso